Brexit: possibili scenari

Brexit: quali sono i possibili scenari? Per i nostri investimenti cosa dovremmo fare?

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Lo scopo di questo articolo e quello di fare un riepilogo dei possibili scenari che si possono verificare a seguito del voto del 23 giugno, quando i cittadini del Regno Unito saranno chiamati ad esprimere la loro opinione sulla permanenza o meno nell’Unione Europea. Sulla base di ciò potrebbe essere opportuno effettuare alcune considerazioni relativamente ai propri investimenti.

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Per chi è interessato ad approfondire gli aspetti politici ci sono numerosi articoli facilmente reperibili. Non tratterò perciò questo aspetto. Mentre per chi è interessato a capire come siamo arrivati a questo punto suggerisco la lettura dell’articolo a cui potete accede cliccando qui.

Gli effetti della scelta saranno diversi nel breve termine e nel medio termine.

Cosa può succedere nel breve termine?

A) Se vincono i no tutte le borse dovrebbero crescere (probabilità attribuita 50%).

B) Se vincono i si all’uscita dall’Europa tutte le borse dovrebbero scendere (probabilità attribuita 50%).

(Secondo gli ultimi sondaggi sono in testa i si, cioè quelli che vogliono uscire dalla UE)

Cosa può succedere nel medio termine?

A) Se vincono i no e quindi il Regno Unito resta in Europa, il cosa succederà nel medio termine dipende da cosa l’Europa sarà in grado di fare per i risolvere i problemi che causano i malumori di molti paesi. Dovrebbe essere l’occasione per accelerare il percorso verso una vera unione politica. Altrimenti è probabile che casi simili a Brexit si possano ripresentare. 

B) Se vincono i si all’uscita dall’Europa da parte della Gran Bretagna in ogni caso sarà necessaria la ratifica da parte del parlamento inglese con le relative tempistiche ed il relativo piano di uscita da concordare con l’UE. Il percorso durerà anni e gli ostacoli sono molti. In questo caso lo scenario sarebbe del tutto inedito. Le conseguenze più probabili dovrebbero essere:

  1. svalutazione della sterlina;

  2. fuga dei capitali dal Regno Unito;

  3. aumento dei tassi di interessi in Gran Bretagna (e forse accelerazione dell’aumento in USA);

  4. aumento della richiesta di titoli di Stato dei paesi più sicuri e aumento dello spread per quelli più deboli come l’Italia (e su questo punto sarà necessario capire come agirà la BCE);

  5. ulteriori spinte indipendentiste da parte della Scozia;

  6. richieste di uscita dall’EU da parte di altri paesi. Se questo dovesse avvenire da parte di paesi che hanno come moneta l’euro si aggiungerebbe un ulteriore problema relativamente alla sostenibilità della moneta unica;

  7. molte banche d’affari potrebbero lasciare Londra (alcune lo hanno già annunciato) e di conseguenza ci sarebbe un indebolimento della piazza di Londra come centro della finanza mondiale con conseguente riduzione degli occupati in ambito finanziario e con ripercussione anche in altri settori dell’economia britannica;

  8. l’UE perderebbe i 9 miliardi di contributo della Gran Bretagna che probabilmente dovrebbero essere compensati dagli altri paesi dell’UE, al netto dei contributi che la stessa Gran Bretagna attualmente riceve dall’UE:

  9. secondo Cameron l’uscita dall’Europa creerebbe un buco tra i 20 e i 40 miliardi di sterline nelle finanze del Regno Unito che comporterebbe una revisione della riforma delle pensioni, ovviamente al ribasso.

Riassumendo possiamo dire che dal punto di vista economico finanziario i costi economici per il Regno Unito dovrebbero essere superiori ai vantaggi, mentre per il resto dell’Europa i veri problemi potrebbero essere in prima battuta di natura politica con ricadute economiche nel caso in cui la gestione successiva non dovesse essere soddisfacente per un numero crescente di paesi. E’ altrettanto evidente che le conseguenze economiche di una cattiva gestione politica non si limiterebbero alla sola Europa, ma coinvolgerebbero tutto il mondo.

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Pubblicato da Massimo Baroni

Consulente Finanziario presso Azimut Co-Founder Unicorn Trainers Club www.unicorntrainers.it