Deflazione, quali le possibili conseguenze?

La deflazione è la diminuzione del livello generale dei prezzi, ovvero il  fenomeno opposto all’inflazione.  La deflazione non va confusa con la disinflazione che significa rallentamento del tasso di inflazione.

Deflazione-intro

Perché la deflazione preoccupa? La deflazione deriva principalmente dalla debolezza della domanda di beni e servizi, ovvero si fanno meno acquisti. Questo induce le imprese ad abbassare i prezzi per vendere e chi acquista ad aspettare ulteriori diminuzioni dei prezzi con la conseguenza che si verifica una spirale negativa per l’economia.

Deflazione-scheda

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nei casi più gravi di deflazione si verifica la cosiddetta tesaurizzazione, ovvero il consistente accumulo di moneta/liquidità in quanto si prevede un aumento del potere di acquisto se si evita di spendere. La riduzione eccessiva delle vendite determinerebbe anche la chiusura o  il fallimento di molte aziende. In qualche misura questo si sta già verificando in Italia nel settore immobiliare e lo intuisce dalla seguente tabella sull’andamento del prezzo delle abitazioni (Fonte Istat 10/01/2014).

Istat Prezzi Abitazioni 10_01_14

 

 

 

 

 

 

 

 

Uno dei casi più importanti e significativi di deflazione è quello del Giappone nel periodo 2000 – 2006 e successivamente anche nel periodo 2010 – 2011. Per contrastare il fenomeno la Banca Centrale del Giappone (BOJ) ha abbassato il tasso di riferimento a 0% in modo da favorire l’utilizzo della liquidità.

Inflazione-in-eurozona-e-deflazione-giapponese

Il forte calo dell’inflazione fa pensare che si possa verificare anche in Europa una situazione analoga a quella del Giappone. Anche se la BCE, per il momento, ha escluso questa ipotesi sono numerosi i segnali che fanno pensare ad una prossima situazione di deflazione generalizzata. In Grecia e Portogallo è già arrivata. Qui un link a uno dei tanti articoli che parlano dell’argomento.

Uno dei rimedi ipotizzati per combattere la deflazione è che la BCE decida di abbassare il tasso di riferimento rendendolo negativo (attualmente è allo 0,25%), in modo da incentivare le banche a non tenere depositi presso la BCE e ad aumentare il credito alle aziende finalizzati a migliorarne la competitività. Non esistono al momento esempi di applicazione di una misura simile, per cui non possiamo dire a priori se i tassi negativi possano essere un rimedio utile per risolvere il problema.

E’ evidente che anche per la liquidità e per gli investimenti in genere, i tassi negativi potrebbero avere delle conseguenze:

1) potrebbero essere un incentivo all’investimento delle proprie disponibilità in attività produttive,

2) pongono la necessità di diversificare in modo più accurato gli investimenti finanziari dei propri risparmi. In questo senso il risparmio gestito (fondi comuni in particolare)  è uno dei migliori strumenti.  (vedere anche l’articolo pubblicato su questo blog il 18/12/2013 dal titolo “Investimenti: priorità assoluta: diversificare”)

Per approfondimenti: [email protected]

 

 

 

 

 

Pubblicato da Massimo Baroni

Consulente Finanziario presso Azimut Co-Founder Unicorn Trainers Club www.unicorntrainers.it